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IschiaNews - Tempo Libero
Scritto da Tina Taliercio   
Sabato 12 Novembre 2005 18:06

Ischia: L'Insostenibile e leggerezza dell'enogastronomia

In controtendenza, un settore del turismo meritatamente in crescita, attuabile e di impatto notevole.
Tra le tante opportunità turistiche che la nostra area è effettivamente in grado di cogliere c’è a buon titolo anche l’enogastronomia. Si potrebbe affermare che questo senso del turismo coinvolga davvero tutti, proprio perché si fonda sui nostri sensi, ad esclusione dell’udito, oltre ad essere protagonista di uno dei bisogni primari dell’uomo.

Accanto al “prevedibile” senso del gusto, si colloca l’olfatto (così preponderante quando si tratta di scegliere il cibo da una tavola imbandita o ci si accinge a degustare un vino), seguito dalla vista (quanto influisce sul successo di un piatto la sua preparazione e decorazione…) e dal tatto (scegliere le materie prime per una specialità è anche toccarle, sentirne la consistenza e poi saperle lavorare, così come è importante che alcune pietanze vadano gustate con le mani, con buona pace dei sostenitori dell’etichetta più formale).
Considerato che Ischia e la Campania, così come tutta la Penisola fondano la loro storia anche su una delle cucine e, parimenti, su una cultura enologica di assoluta bontà e qualità, è giunto davvero il momento di rendere onore e di sfruttare – nell’accezione migliore del termine – questo patrimonio ineguagliabile.
Non è un caso che i tempi siano considerati maturi anche dagli addetti ai lavori, visto che l’assessore regionale al Turismo, Marco Di Lello, nella recente presentazione del cartellone dei grandi eventi previsti per il 2006 ha incluso anche diverse manifestazioni enogastronomiche. Per completezza d’informazione, è utile aggiungere che il cartellone, finanziato dalla Regione con un importante investimento di 14 milioni di Euro, include anche molti eventi di arte, cultura, musica e spettacoli, alcuni dei quali appaiono sulla carta innovativi e intriganti. Uno degli scopi del cartellone 2006, grandemente opportuno, è quello di mirare alla cosiddetta destagionalizzazione, da sempre calice amaro – è il caso di dirlo – della nostra economia turistica. Peccato però che tra le numerose località che offrono i più vari eventi non compaia Ischia, che pure potrebbe spaziare in vari ambiti di offerta.
Intanto però la carta dell’enogastronomia va giocata a 360 gradi, al di là del cartellone citato. Recenti stime hanno infatti mostrato tale settore in netta crescita mondiale, calcolando in circa 8 milioni coloro che vengono definiti “enoturisti” o “gastro-turisti”. Le etichette lasciano sempre il tempo che trovano, ma in questo caso risultano addirittura infelici: la prima definizione rimanda infatti ad un turista più o meno alticcio mentre la seconda fa pensare più ad esami clinici riguardanti lo stomaco e le sue patologie piuttosto che a piacevoli giornate di relax, interessanti scoperte legate alla buona tavola e al buon bere e percorsi all’insegna del (buon) gusto culinario. Piuttosto che “intrappolare” il turista, ossia ciascuno di noi, in insensate camere stagne di neologismi, è forse più intelligente pensare che, nel momento in cui si intraprende un viaggio, semplicemente non si può prescindere dall’apprezzamento di un buon piatto (nuovo o conosciuto che sia) e di un buon bicchiere di vino, proprio perché, come già sottolineato, l’alimentazione è un’esigenza primaria per tutti.
Ma, etichette a parte (molto più interessanti quelle apposte sulle bottiglie di vino…), i circa 8 milioni di persone che scelgono i propri soggiorni dando priorità all’enogastronomia sono un bacino troppo sostanzioso per essere trascurate. Accanto a offerte mirate alla storia e all’attualità culinaria della nostra terra, improntate su soggiorni a tema e percorsi che vedano coinvolti anche i produttori di prodotti tipici locali e vinicoli, una branca in continua crescita sono i soggiorni che includono corsi di cucina. Particolarmente sensibili a questo tipo di offerta sono peraltro gli opulenti turisti del Nord America, dove numerose sono le associazioni basate proprio sull’enogastronomia abbinata ai viaggi. Anche internet, di conseguenza, pullula di siti e portali che offrono questa combinazione di attività e i corsi di cucina proposti nelle destinazioni in programma vedono spesso un’affluenza notevole di partecipanti.
In fondo, l’enogastronomia è anche una branca “economica” dell’offerta turistica, poiché una struttura ricettiva, per potersi dedicare ad esso proficuamente, necessita in sostanza solo di una buona programmazione mirata (quindi di una valida strategia di marketing) e di un’organizzazione funzionale. Non occorrono grandi investimenti, come l’acquisto di costosi macchinari o interventi strutturali di edilizia o impiantistica, o l’assunzione di personale extra o ancora stravolgimenti della propria attività; al contrario, attuando la programmazione e l’organizzazione di cui sopra, basta aprire le porte delle proprie cucine agli ospiti, organizzare corsi di cucina, studiare menu a tema accompagnandoli con i giusti vini, in una parola, offrire soggiorni gustosi nel vero senso della parola. Basta attingere alle proprie tradizioni, riuscire a trasmettere all’ospite la capacità di apprezzare la nostra straordinaria cucina mediterranea, enfatizzare al meglio i sapori combinati con maestria, il tutto curando meglio di quanto in genere non si faccia la comunicazione, mediante una scrupolosa cura dei menu in italiano – un elemento determinante nel “prendere l’ospite per la gola” – da tradurre con competenza. Un turista estero già deve concentrarsi non poco per entrare in contatto con la nostra cultura gastronomica, poiché, non conoscendola, spesso è impreparato, se poi la traduzione lascia a desiderare, allora il risultato non potrà che essere mediocre. In questo senso mi sembra utile riportare un episodio vissuto in prima persona: ho avuto modo di verificare come il piatto “Pennette ai quattro formaggi” sia stato malamente tradotto in inglese “Pennette pasta with four kids of cheese”… È bastato, forse per pura distrazione, omettere la “n” da “kinds”, per trasformare le “Pennette ai quattro formaggi” nelle “Pennette ai quattro ragazzi di formaggio”… Una svolta antropofaga davvero infelice, di fronte alla quale i tanti sforzi attuati da quella struttura ricettiva, per offrire cucina di alta qualità in un ambiente raffinato, sono stati vanificati dalla disattenzione e dal pressappochismo di chi era incaricato di svolgere un compito che sicuramente non gli si confaceva.
Un’attenta e curata presentazione del menu ed eventualmente di altre informative sul tema, accanto a personale di sala in grado di comunicare nel modo e nelle lingue giuste, completano quindi la gamma degli (economici) elementi necessari a rendere l’enogastronomia un’isola felice della nostra controversa e arrancante economia turistica.
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Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 17:24