Ischia: La Metamorfosi del Grillo (molto parlante) che si trasforma in cavalletta Stampa
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IschiaNews - Cronaca
Scritto da Tina Taliercio   
Domenica 30 Settembre 2007 15:27

Ischia: La Metamorfosi del Grillo (molto parlante) che si trasforma in cavalletta

Epilogo amaro per una vicenda nata sotto i migliori auspici.
E si abbatte implacabile su un’Italia alle prese con ben altre problematiche.
Fino a pochi giorni fa preferivo non affrontare l’argomento: era sulle prime pagine di tutti i giornali, chiunque ne parlava e, come spesso accade quando un accadimento rimbalza da un mass media all’altro – rubando spazio a temi molto più pregnanti e urgenti – questo viene quasi svuotato del suo contenuto e diventa gossip da avanspettacolo.

Essendomi iscritta da lungo tempo al blog di Grillo, conoscendone quindi l’enorme capacità di sollevare problemi importanti e avendolo da decenni apprezzato come eccellente comico, dotato di stupefacente capacità satirica, di ironia dirompente e disincantata, mi trovavo nella condizione ideale per aderire alle sue battaglie sociali. Sentivo un positivo fermento, un’ondata di sana e civile ribellione ai tanti abusi perpetrati dal potere in senso lato – leggi gli scandali economici degli anni scorsi, di cui Grillo è stato uno dei primissimi ad averne sentore o la vittoria sacrosanta sulle compagnie telefoniche nell’abolizione dei costi di ricarica; un “pizzo” in meno, anche grazie a lui.
Man mano che arrivavano le provocazioni di Grillo, percepivo il polverone che si stava sollevando, registrandolo con una certa dose di speranza, perché è pur vero che nella storia i cambiamenti importanti si sono avuti solo a fronte di forti ribellioni popolari (purtroppo in passato spesso anche a costo di molte vite umane), di profonde scosse sociali, di fronte alle quali il potere non ha più potuto far finta di niente. “Ben venga”, mi dicevo, “il suo modo così diretto e per nulla diplomatico di affrontare i temi più brucianti, la sua capacità di ironizzare fino alla satira più “cattiva”, perché solo così si riesce davvero a catturare l’attenzione di quanta più gente possibile, che, unita, può far sentire la propria voce nelle cosiddette “stanze del potere”, che sia quello politico o quello economico o quello dei media”.
Quando poi è montata l’ultima campagna di sensibilizzazione, quasi subito ho apprezzato la forte risonanza ottenuta, tanto che il V-Day si annunciava senza tanti preamboli come un evento dai grandi numeri. In effetti così è stato: straordinaria affluenza nelle piazze, raccolta di addirittura 300.000 firme per la proposta di legge popolare, che prevede un massimo di 2 legislature per ogni parlamentare e l’impossibilità a candidarsi, se gravato da sentenze passate in giudicato. Ogni politico ha reagito in modo diverso, a seconda se avesse o meno sulle spalle una sentenza definitiva e una o più legislature già espletate. Come sempre, gran parte ha badato unicamente al proprio orticello, addirittura stabilendo che la propria condanna non fosse “sufficientemente grave” da essere considerata pregiudizievole ad una nuova candidatura. Della serie “La Legge è uguale per tutti… gli altri”.
La reazione dei media alla giornata dell’8 settembre (V-Day) è stata tuttavia sconcertante: da parte delle TV in modo più macroscopico e di radio e quotidiani in maniera meno totalitaria e con qualche eccezione c’è stato un deliberato, colpevole silenzio sull’accaduto, che, a prescindere dalla condivisione o meno dei contenuti proposti dall’evento, andava doverosamente raccontato per l’elevata partecipazione popolare. Così non è stato, ovviamente, per internet. Qui il fatto è rimbalzato immediatamente, fornendo subito le dimensioni “forti” dell’evento. Che sicuramente ha avuto il merito di focalizzare l’attenzione (e anche la rabbia) su un tema serio, che molti altri ne porta con sé.
Di fronte ad una popolazione così presente nelle piazze e a tanti internettiani che non ci stavano affatto ad essere ignorati, anche i media quali TV e radio hanno dovuto dar spazio alla notizia. Un effetto indubbiamente positivo è stato quello di porre interrogativi diretti alla classe politica, che ha dovuto giocoforza mettersi in discussione, auto-analizzarsi e saputo, in taluni casi, riconoscere i propri limiti e responsabilità.
Ma cosa ha provocato questo grande successo nel fautore di tanto sommovimento? Immagino che in un primo momento ci sia stata la piacevole sorpresa dell’alta partecipazione popolare, seguita dalla conferma della bassa attendibilità di buona parte dei mezzi d’informazione, che hanno ignorato l’evento, infine Grillo ha cominciato a nutrire grande compiacimento nei confronti del proprio ego, nel momento in cui ha verificato che la classe politica si stava guardando dentro, si stava mettendo in discussione (in determinati casi) e auto-assolvendo (in altri, più numerosi casi). Purtroppo però il compiacimento è subdolo e strisciante, conduce inevitabilmente a prendersi sul serio, troppo sul serio e provoca auto-idolatria e mania di onnipotenza. Il gioco ora gli sta prendendo pericolosamente la mano, al punto che oramai le sue esternazioni non sono più frutto di un’attenta analisi della realtà, non derivano da fatti incontestabili, ma sono invece semplici insulti e nient’altro.
La conferma definitiva è arrivata con l’ingiuria verso Prodi, ritenuto malato del morbo di Alzheimer. Al momento in cui scrivo non mi risulta alcuna reazione ufficiale da parte del premier, che, a mio avviso, fa bene a non rispondere a provocazioni così basse. Mi risultano invece le legittime proteste dei malati, purtroppo, e delle loro associazioni di categoria. C’era una soglia molto delicata, su cui il Grillo si aggirava da giorni, andando un po’ avanti e un po’ indietro. Ora l’ha superata bruscamente, entrando nel campo dei farneticanti, o meglio dei semplici urlatori, di strada, dei venditori di batterie di pentole, dimenticando completamente il senso del rispetto civile, delle critiche costruttive, mirate e oggettivamente inoppugnabili. Passando alle pure ingiurie, ha dimostrato di aver esaurito del tutto gli argomenti, di aver oramai grattato il fondo del barile, di essere preda della più totale auto-idolatrazione.
Un’involuzione, questa, che riempie di delusione, non solo per il personaggio in sé, che tanto valeva e tanto aveva saputo dare in molti anni di palcoscenico, ma anche per l’opportunità perduta di portare finalmente un vento di rinnovamento, una nuova possibilità di far politica (senza la quale c’è solo il caos) e di smetterla di essere considerati dal resto del mondo come il Paese delle Banane.
Il Grillo, ahinoi, si è trasformato in temibile cavalletta.

Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 14:47