Ischia: Come Mare Nostrum rischia di diventare un concetto, anzi un problema, molto relativo Stampa
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IschiaNews - Cronaca
Scritto da Tina Taliercio   
Venerdì 28 Luglio 2006 21:51

Ischia: Come Mare Nostrum rischia di diventare un concetto, anzi un problema, molto relativo

In fondo, è solo una questione di proporzioni. Noi stiamo qui a discettare sulla concorrenza dei prodotti cinesi dai prezzi troppo bassi che uccidono il mercato e abbassano gli standard di qualità, ma nel frattempo sta succedendo qualcosa che va ben oltre: la Cina e l’India stanno esportando in tutto il pianeta una mole di inquinamento talmente spaventosa e soprattutto inarrestabile, di fronte alla quale tutti gli altri problemi passano in secondo piano.

Purtroppo la consapevolezza globale sull’urgenza estrema di quanto sta accadendo è ancora lungi dal venire e questo, se possibile, rende il problema ancora più drammatico. Se infatti ci si illude che, a livello economico sia possibile far valere i confini politici, per cercare di far fronte all’impetuosa avanzata orientale, quando si parla di ambiente i confini sono un concetto fondato quanto quello di un buco nell’acqua. Le nubi tossiche che salgono dai cieli asiatici se ne fanno un baffo, vanno dove le portano i venti e le correnti, così come le piogge acide cadono dove le perturbazioni le spingono e le tonnellate di rifiuti, detriti e sostanze tossiche rilasciate quotidianamente nei fiumi, nei mari e negli oceani, nutrono i tanti pesci che arrivano sulle nostre tavole, irrigano i campi che producono frutta, verdura e cereali che mangiamo quotidianamente, direttamente importati come “prodotto finito” oppure utilizzati dall’industria alimentare per le centinaia di migliaia di prodotti in cui li “trasformano” prima di raggiungere le nostre tavole e la nostra salute.
Eppure ci appare tutto così lontano, in fondo ci sentiamo ancora abbastanza al sicuro, ben difesi dalle migliaia di chilometri, dai nostri confini, dalle nostre leggi, quando poi siamo anche in questo responsabili, visto che la nostra imprenditoria oramai da anni sta delocalizzando la produzione (eh sì, dicono così quelli che non vogliono farci capire cosa stanno facendo): da un lato, lì trovi manodopera a costi ridicoli, e dall’altro, pensate un po’, da quelle parti le leggi sulla tutela dell’ambiente sono così scarse, così poco severe, così… accondiscendenti.
D’altro canto, noi stiamo qui ad accapigliarci sul protocollo di Kyoto, a chieder legittimamente conto alle Golette Verdi di Legambiente di prelevare i campioni del mare che circonda la penisola, a sperare per il nostro “orticello” che ci dia una bandiera blu o che almeno non ci ponga al vertice della sua “black list”, puntiamo il dito (e ci mancherebbe che non lo facessimo) verso gli USA che se ne fregano di mantenere gli impegni presi con la sottoscrizione del protocollo di cui sopra, ma… MA. Appunto. Mentre noi stiamo a cercare la pagliuzza negli occhi dell’altro “qui vicino”, c’è una trave dalle dimensioni infinite, che continua a crescere a ritmi folli, a generare una serie inarrestabile di disastri tossici, fossili, velenosi che già sono fortemente radicati nella nostra quotidianità ma di cui non ci rendiamo minimamente conto. E questo è il pericolo maggiore.
Ci preoccupiamo della concorrenza turistica della Cina e dell’India, dei “sorpassi” nelle classifiche mondiali di arrivi e presenze, dell’industria informatica ed elettronica asiatica che fa impallidire la Silicon Valley e non siamo in grado di fare un po’ di conti. Questi due Paesi insieme hanno il 40% della popolazione mondiale, i cui consumi crescono a ritmi talmente esponenziali da richiedere sempre più acqua e cibo (avendo peraltro bassissime riserve di acque potabili, un’alta percentuale di fiumi tossici e quantità scarsissime di fognature e depuratori, accanto ad una desertificazione massiccia che avanza in Cina) e più energia – laddove i “conti” che riguardano le riserve di petrolio ancora disponibili sul pianeta già non tornano non tenendo conto della crescita spropositata di questi due Paesi.
Dal canto nostro, ai loro occhi siamo un ben misero esempio di autorevolezza, ma certamente non possiamo stare a guardare. Se è urgentissimo che si acquisisca una profonda consapevolezza della drammatica urgenza dell’inquinamento planetario derivante dal fenomeno Cina-India, che non ha precedenti nella storia e che va affrontato con grande lungimiranza e soprattutto con il loro stesso impegno e contributo, dall’altro la situazione attuale deve essere anche un monito per tutti noi a modificare il nostro stile di vita, ad evitare il perpetuarsi di azioni che generano danni notevoli e in primo luogo a farci carico della responsabilità del cambiamento culturale, che riguarda primariamente il consumismo sfrenato in cui ci siamo intrappolati.
Per citare solo un esempio pregno di “modernità”, produciamo una tale mole di rifiuti elettronici, che sarebbero in gran parte riciclabili e potrebbero meritoriamente giovare a quei Paesi in cui l’alfabetizzazione è un processo denso di ostacoli e tuttora in corso. Preferiamo invece lasciarli inquinare questo nostro povero piccolo pianeta, e a questi si stanno aggiungendo i rifiuti elettronici dei due colossi orientali (il cui smaltimento è regolamentato in Asia ancor più malamente che da noi), che rendono le dimensioni del fenomeno semplicemente incontrollabili. Pensiamoci, la prossima volta che il nostro PC risulterà avere una RAM appena uscita dai cataloghi dei “retailer” più alla moda, o quando in fondo avremo fatto pigramente girare a rotazione oramai tutte le suonerie polifoniche del nostro cellulare e avremo “bisogno” di sentirne di nuove, o quando il nostro iPod, la nostra fotocamera, il nostro palmare daranno i primi segni di usura, o ancora quando il nostro lettore CD (quel pezzo di modernariato che altro non è) s’inceppa sulla funzione “random” (e come si fa a vivere senza?), quando… è inutile continuare un elenco infinito che servirebbe solo a consumare altro inchiostro, carta ed energia, mentre il concetto è già molto chiaro.
Pensiamoci. Pensiamo. Impariamo nuovamente a pensare.

Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 16:19