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Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche
Scritto da Massimo Colella   
Venerdì 02 Ottobre 2009 17:09

Lo sport nell’opera pittorica di John Sutherland, il momento dell'agone
 
L’inno sutherlandiano all’uomo “agonale”: il Gesto canta la Competizione Vitale.
Accanto alle grandi tematiche civili e umane che il panorama composito ed eterogeneo dell’arte di John Sutherland propone in grande misura e con sublime raffinatezza, il linguaggio del fondatore del Neogestualismo Esistenziale trova e dedica uno spazio speciale per le manifestazioni umane di atletismo, cioè per la ridipintura (naturalmente e programmaticamente gestuale) di ciò che comunemente e con termine inglese definiamo “sport”.

In realtà, a ben vedere, tale “ciclo” pittorico (se si può parlare di cicli per un’arte complessa come quella del Sutherland e se si può suddividere un’operazione artistico-culturale che è estremamente unitaria sotto molti aspetti) non fa parte che di una tendenza – che ha del futurista alla rappresentazione istantanea del moto che nasce da una speciale attenzione al dinamismo e soprattutto alla resa esteticamente fruibile del movimento nel suo quasi inafferrabile svolgersi, nel suo “filosofico” Esserci (mi richiamo – e non a caso – all’esistenziale “Da-sein” così come teorizzato per l’appunto dalla nota scuola filosofica novecentesca, in particolare da Martin Heidegger). Ciò che si intende dire è che lo sguardo sutherlandiano sullo sport nasce non da una volontà di riprodurre, ricreare o semplicemente evocare il mondo in questione, ma nel più vasto ambito di una ricerca proiettata nella ricreazione gestuale (perché il Gesto non riproduce, ma ricrea, determina nuove realtà pur se nasce dalla realtà, è movimento esso stesso nella ri-creazione del movimento) del moto e del dinamismo colti nell’istante, nell’istante recepiti e nell’istantanea e fulminea ispirazione resi. Si spiega così la serie dei dipinti sutherlandiani dedicati all’universo delle attività fisiche: la prestazione sportiva nella sua dimensione fortemente agonale e competitiva si trasforma, in questa prospettiva, in un semplice e puro pretesto per scavare non solo nuovi orizzonti di creatività, ma per tentare di cavare un senso da quel movimento così ben reso e di ottenere una nuova realtà (ma a partire dalla realtà) con cui confrontarsi e misurarsi, una realtà pittorica che tracima in quella extrapittorica ed esistenziale.
La performance sportiva, come momento supremo dell’affermazione di Sé, diviene quindi non solo il banco di prova dell’artista che si cimenta con successo nell’auscultazione decifrazione e trasmissione resa del movimento plastico che è restituito al fruitore con tratti dall’intensa ed efficacia gestualità (quasi che la sfida sia quella di riformulare artisticamente una nuova modalità di esprimere ciò che, ad esempio, il Discobolo di Mirone ancora riesce a trasmettere in termini di pathos e di dinamismo), ma si trasforma anche nella metafora fortemente filosofico-esistenziale di una Gara vitale, che è tale perché è sempre in “gioco” la nostra capacità di metterci in “gioco” (il bisticcio di parole è voluto: si sta sottolineando per l’appunto la dimensione ludica-agonistica come una di quelle costitutive dell’esistenza umana) ed è sempre in forse il nostro destino di vincitori o sconfitti nel Fiume della Vita così ben descritto, ad esempio, da un Verga (si pensi all’introduzione de “I Malavoglia”) o ancor prima dall’Alberti. Ecco quindi che il momento competitivo-agonale (lo sforzo supremo e finale dello sportivo, che è l’ultimo atto di una serie di esercitazioni propedeutiche, giacché la vita è sempre in ogni caso propeudetica a se stesso, nel senso che si impara “nella” e “per” la vita) diviene l’emblema essenziale di una doppia gara: quella dell’artista che riesce nel mirabile tentativo di dare voce e corpo a ciò che per sua natura è sfuggente, percepibile ma non afferrabile (ossia il movimento: e lo si vede, il dinamismo, in maniera del tutto inusuale e al tempo efficace, nelle tele del Sutherland), e quella dell’uomo che può imporsi sulla Scena della Vita con la sua forza e la sua tenacia o può miseramente non riuscire per debolezza o sfiducia. Gara, dunque, come performance d’arte e di vita. In questo quadro interpretativo, che peraltro non pretende di essere l’unico possibile, si spiegano opere come “Lo scatto del podista”(acrilico su tela,cm.100 x 70), in cui è perfettamente tracciato lo sforzo agonale dell’atleta nell’esatto momento della sua partenza (ecco, il momento: nel momento si realizza il movimento e l’arte è capace di far vibrare quel momento movimento per sempre) o come “Campionessa di nuoto a rana”(acrilico su tela,cm.100 x 120) in cui, tra bagliori verdastri, è immediatamente percepibile il movimento in acqua della sportiva, nelle forme – precipue nell’arte sutherlandiana di un Gestualismo accorto e vibrante che ri-crea un certo trascinante – anche a livello emotivo – dinamismo quasi vorticoso. Si ricrea l’attimo e si ricrea il moto in quest’area specifica dell’arte sutherlandiana: e quell’attimo, quel momento, può essere anche quello della morte (la performance, in tal caso, si trasforma in strumento di morte e non di esaltazione di sé nel parossistico slancio inebriante della vita e della sfida vinta) come ad esempio nel caso del dipinto-omaggio al grande pilota Ayrton Senna(“Circuito mortale”,acrilico su tela,cm.50 x 70), in cui la perdita della vita e il momento agonale-competitivo tristemente si mescolano nel turbinio dinamico di uno scontro fatale che è restituita agli occhi e alla mente del fruitore nella parabola coloristica di un tracciato gestuale e tragico.
Leggermente diverse ma analoghe sono le considerazioni sul dipinto “Off-shore a Casamicciola”(acrilico su carta bristol,cm.100 x 70) che Sutherland “fotografa” nel momento cruciale della tragedia che si consumò nello specchio di mare antistante la cittadina termale.
Così, seppure nell’ambito di una società quasi “agonale” (utilizzo la categoria applicata per la prima volta da Jacob Burckardt e adoperata correntemente negli studi comparati di letteratura e storia greca per descrivere un sistema sociale come quello omerico o quello cantato da Pindaro), una società – quella dipinta dal Sutherland – che è poi il sinonimo di Vita nella sua ineluttabile dinamica di agone cosmico, lo spazio per l’evocazione della fragilità umana resta egualmente: anzi, si potrebbe dire che è proprio la dimensione competitiva che stimola una riflessione più globale sull’inanità umana nel più vasto ambito delle relazioni esistenziali e vitali cui le dipinte “performances” sportive segretamente alludono. Lo spunto tecnico della resa del movimento diviene, in ultima analisi, solo il punto di partenza per un’analisi abilmente intrapresa nei confronti dell’umano. Dell’attimo. Della gara vitale. Dell’esistenza tutta.
(Massimo Colella, quotidiano “Il Golfo” del 1° ottobre 2009,inserto “Arte e Cultura”,pag.8)

Ultimo aggiornamento Venerdì 22 Gennaio 2010 20:00